Polyporus tuberaster (Jacq. ex Pers. : Fr.) Fr.

P. lentus Berk. - P. forquignonii Quél. - Mycelithe fungifera Gasp. - Grifola tuckahoe Güssow

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Polyporus tuberaster

Principali caratteri identificativi: P. tuberaster si riconosce abbastanza agevolmente già al momento della raccolta per il suo cappello di medie dimensioni, fino a 15 cm di diametro, bruno-giallastro, spesso scolorito fino al bianco, di forma prima emisferica e fino a imbutiforme negli esemplari adulti, ricoperto da squamette più scure. L’imenoforo è bianco e decorrente sul gambo, composto da tubuli e pori angolosi, larghi fino a 2 mm. Il gambo, cilindrico e spesso ricurvo, può essere centrale o laterale a seconda della posizione di crescita rispetto al substrato e presenta la superficie dell'estremità inferiore nera. L’odore è gradevole ed il sapore è mite.

Caratteri microscopici: Presenta spore cilindriche, lisce, ialine (trsparenti), con dimensioni medie di 10-15 × 4-6.5 µm.

Habitat e fenologia: P. tuberaster è una specie abbastanza comune ma non ovunque. In Toscana cresce abbondante in alcuni boschi del lungomare mentre la si incontra occasionalmente nell’entroterra. È rinvenibile sia in primavera che in autunno, specialmente su legno morto di quercia, frassino e olmo, ma più raramente anche di faggio e carpino. Raramente può nascere da uno sclerozio anziché presentarsi lignicola (vedere note e curiosità a fianco).

Commestibilità: Da giovane è una specie commestibile, sembra anche di buon sapore ed aroma, con carne che regge bene alla cottura. Vista la consistenza tenace degli sporofori, allo stadio adulto è sicuramente da evitare.

Specie a confronto: P. tuberaster può essere confuso con P. squamosus (Huds. : Fr.) Fr., più raro in Toscana, che si differenzia per la taglia estremamente più grande, fino a 60 cm di diametro, le squame del cappello più grandi ed il gambo ricoperto da un tomento nero vicino all’attaccatura con il substrato.
Con pori più grandi, fino a 5 mm, sporofori più sottili e di dimensioni più ridotte, fino a 8 cm di diametro, c’è P. alveolarius (DC.) Bondartsev & Singer [= P. mori (Pollini) Fr.], raro in Toscana, che, inoltre, presenta imenofoto ancora più decorrente.

Inquadramento:

  • DIVISIONE: Basidiomycota
  • SUBDIVISIONE: Agaricomycotina
  • CLASSE: Agaricomycetes
  • SUBCLASSE: Incertae sedis
  • ORDINE: Polyporales
  • FAMIGLIA: Polyporaceae

Note e curiosità: A seconda della natura del substrato di crescita, P. tuberaster può sviluppare o meno lo sclerozio alla base del gambo, cioè un ammasso di ife che, con lo sviluppo, si addensano formando una sorta di “patata” (tubero) subito sotto la superficie, suggerendone il nome della specie, tuberaster. Lo sviluppo dello sclerozio è favorito da substrati morbidi, quindi non è presente in sporofori nati su tronchi d’albero; lo si può osservare invece nei rari casi in cui P. tuberaster nasce a terra, quando le ife dello sclerozio inglobano anche altro materiale come terriccio, sassi e residui legnosi vari. In questi casi lo sclerozio si presenta di forma rotondeggiante, di colore bruno ocraceo, duro e compatto, nei casi estremi può arrivare a pesare fino a 15 Kg ed essere affiorante, tanto che nella tradizione popolare viene definito pietra fungaia.
Potendo essere presente o meno, lo sclerozio non rappresenta un carattere determinativo; questo ha comportato in passato un po’ di confusione, quando veniva infatti differenziato P. lentus Berk. che doveva essere un sosia del P. tuberaster ma senza sclerozio, che invece ora è considerato giustamente suo sinonimo.